Venuta la sera...



di Rita di Mattia

Alcune considerazioni a voce bassa, quasi tra me e me, sul laboratorio di lettura iniziato lo scorso 26 di aprile.
Non si parte dal nulla, intanto perché chi partecipa è già, in modi diversi, un lettore con sue personali convinzioni che sono maturate nel tempo e che, evidentemente, vuole sottoporre al confronto con altre ben sapendo che alcune saranno diversissime dalle sue.
In questo blog troverete, o ritroverete se già l’avete visitato, dei contributi relativi alla lettura scaturiti da nostre precedenti conversazioni. Da quelli e da altri che vi dirò deriverò alcuni interrogativi che sono comuni, io credo, ad ogni lettore e qualche osservazione che spero possa essere utile ad inoltrarci nel laboratorio così come lo intendo.
La lettura è un’attività solitaria così come è la scrittura?

Quando penso ad una definizione di lettura , fra le tante possibili, mi torna prepotentemente alla memoria un brano della Lettera a Francesco Vettori “ 

Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro”. (Machiavelli)

In questo brano la lettura è attività solitaria che prevede anche un cerimoniale ben preciso per introdursi nelle antiche corti.
Solitaria, a secoli di distanza, è anche per Harold Bloom

“… leggiamo per rafforzare l’io e coglierne i veri interessi. … Viviamo queste forme di potenziamento come piaceri …”.

Ma, se torniamo indietro al testo di Machiavelli e pensiamo al colloquio con gli antiqui uomini, possiamo affermare che la lettura è appunto dialogo?

Non è allora più giusto dire che la lettura, che è solitaria perché ci pone da soli dinanzi ad un testo, è un’attività soggettiva?
– Io parlo parlo, - dice Marco,- ma chi mi ascolta ritiene solo le parole che aspetta. Altra è la descrizione del mondo cui tu presti benigno orecchio, altra quella che farà il giro dei capannelli di scaricatori e gondolieri sulle fondamenta di casa mia il giorno del mio ritorno, altra ancora quella che potrei dettare in tarda età, se venissi fatto prigioniero da pirati genovesi e messo in ceppi nella stessa cella con uno scrivano di romanzi d’avventura. Chi comanda al racconto non è la voce: è l’orecchio”.( Calvino)

Certamente arriviamo alla lettura di un qualunque libro con il carico delle nostre preferenze, delle nostre attitudini, le nostre conoscenze. E ciò che dobbiamo necessariamente fare è  non farci condizionare negativamente, dobbiamo essere liberi da pregiudizi per poter esprimere un giudizio.

“Molti chiedono ai libri cosa i libri possono darci. Spesso ci avviciniamo ai testi chiedendoci quanto di un libro di fiction possa essere verità … di una biografia quanto sia la volontà di esaltare la vita del soggetto … Invece, se noi riuscissimo a fare a meno di tutti questi preconcetti partiremmo col piede giusto. Non dettare le parole al tuo autore, cerca di diventare lui. Di essere il suo braccio destro, suo complice”. (V. Woolf )

È possibile passare da una lettura soggettiva, da un piacere individuale, ad una lettura condivisa, dialogante non solo con l’autore di un testo?

Sempre Bloom afferma “… i piaceri della lettura sono più egoistici che sociali. Leggendo meglio o con maggiore profondità non si apporta alcun miglioramento alla vita altrui. Continuo a essere scettico sulla tradizionale speranza sociale secondo la quale la solidarietà può ricevere impulso dallo sviluppo dell’immaginazione individuale, e diffido delle argomentazioni che correlano i piaceri della lettura solitaria al bene pubblico. …. Non dovete temere che la libertà del vostro sviluppo di lettori sia egoistica, poiché , se diverrete veri lettori, la reazione alle vostre fatiche confermerà che siete un’illuminazione per gli altri.  … la motivazione più solida e autentica alla base della lettura profonda … consiste nella ricerca di un piacere difficile”.

Questa affermazione sembra contraddire la nostra, del nostro progetto “ Pensiero e Arte”, l’idea di  democrazia che sta alla base anche del laboratorio di lettura.
Possiamo dire che la lettura è un’attività democratica?
… come lettori abbiamo le nostre responsabilità e la nostra importanza. I criteri da noi scaturiti, insieme ai giudizi da noi espressi, si insinuano nell’aria fino a diventare parte dell’atmosfera respirata dagli scrittori durante il loro lavoro. Si viene a creare un’influenza che, pur non approdando mai all’onore della stampa, finisce per incidere su di loro”.( V. Woolf)
E non solo, io penso. Questa è un’attività critica. E, a mio parere, è un’attività democratica.

Quale ruolo riserviamo allora ai critici?
I critici dovrebbero rafforzare il nostro atteggiamento, sorreggere i nostri tentativi e aiutarci a sistemare le nostre idee. Perché i critici possano far questo, dobbiamo ricavare dalle nostre letture domande e considerazioni, confrontarle con le loro e … dare il via al dibattito. È con questo atteggiamento di indipendenza che dobbiamo indagare i testi. Per il libro Arancia meccanica ritengo che alcune linee di lettura siano già scaturite dal primo incontro del 26 aprile. Le ricordo senza dar loro un ordine preciso:
quale importanza ha la traduzione, sempre e per questo libro in particolare ?
perché l’invenzione di quel particolare gergo?
quali sono le linee tematiche da evidenziare?

perché lo scrittore affronta tali temi?  c’è forse un messaggio o una tesi?


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