Come si dovrebbe leggere un libro? di Rita Di Mattia
Nelle mie ultime letture, che riguardano
soprattutto il lettore, mi sono
imbattuta nel piccolo e prezioso testo di Virginia Woolf, Come leggere un libro, edito da Passigli. Raccoglie un prologo, Il lettore comune, e due brevi saggi
dal titolo Come si dovrebbe leggere un
libro? e Che effetto fa a un
contemporaneo.
Il prologo introduce il lettore comune,
magari non istruito, che affronta un libro per il piacere di leggere e
soprattutto “è guidato dall’istinto di
creare per se stesso, con quel che gli capita di trovare, una specie di quadro
generale – il ritratto di un uomo, il profilo di un’epoca, una teoria sull’arte
dello scrivere”.
Con una scrittura chiara ed
elegante, nel primo saggio sul quale ora
voglio soffermarmi, inizia affermando che si può rispondere alla domanda posta
nel titolo in un solo modo: con un invito a non
accettare consigli, a seguire il proprio
istinto,a usare la propria testa,a
trarre le proprie conclusioni.
Dopo aver stabilito questo patto con chi
l’ascolta, la scrittrice descrive le
insicurezze del lettore di fronte alle tante offerte, insicurezze che derivano
anche dalle attese non prive di pregiudizi: “Più comunemente ci troviamo davanti ai libri con le idee incerte e
confuse, chiedendo alla narrativa di essere vera, alla poesia di essere falsa,
alla biografia di essere lusinghiera, alla storia di rafforzare i nostri
pregiudizi”. Suggerisce che “… uno
sguardo all’eterogenea compagnia disposta sugli scaffali vi mostrerà che quegli
scrittori solo raramente sono ‘ grandi artisti’; molto più spesso un libro non
pretende affatto di essere un’opera d’arte …”. Eppure, prosegue guidando il lettore
con brevi esempi tratti dalla letteratura inglese, “… se vi lasciate andare al piacere della letteratura-spazzatura,
rimarrete sorpresi, anzi sarete sopraffatti … Può darsi sia solo una lettera –
ma che immagine offre! Può darsi che si tratti di poche frasi – ma che visioni
evocano! Qualche volta capita che un’intera storia riunisca in sé un umorismo,
un pathos e una completezza così eccellenti da sembrare che vi abbia lavorato
un grande romanziere …”.
Ora, anche se questa ricerca tra la
spazzatura può produrre i suoi risultati consegnandoci qualche sorpresa, giunge
il momento in cui la nostra attesa non viene premiata, anzi viene delusa, e i
nostri interessi si indirizzano verso linguaggi diversi e forme di narrazione
meno limitate, alla ricerca di impressioni che dovranno, in fasi successive,
essere passate al vaglio e trasformate in struttura solida e duratura con il confronto tra libro e libro. Si potrebbe
dire alla ricerca di nostre personali regole. In questo modo “ il nostro atteggiamento è cambiato: non
siamo più gli amici dello scrittore, bensì i suoi giudici …”.
Questa seconda parte dell’esercizio
della lettura è senz’altro più complessa
perché richiede appunto l’espressione di un giudizio, richiede confronto e
quindi capacità di comprensione di più testi. Tante saranno le difficoltà che
anche il più ostinato dei lettori potrebbe essere indotto a rinunciare ad
esprimere un suo giudizio per accogliere quello espresso da critici in toga ed ermellino. Un atteggiamento
che non ci può essere di alcuna utilità: corretto è porre ai critici domande e
suggerimenti derivate dal nostro accurato lavoro di lettura. “ Possiamo comprendere le loro decisioni
soltanto quando entrano in conflitto con le nostre e le sconfiggono”.
Molto interessante e coinvolgente per
noi la conclusione che Virginia Woolf trae dalle precedenti osservazioni; si
tratta di una conclusione che, mentre sembra delimitare il ruolo del lettore,
in realtà gli assegna una funzione importante, che è di stimolo e di controllo.
“
Dobbiamo restare dei semplici lettori senza attribuirci nessuna delle glorie
che spettano a quei rari esseri che sono anche dei critici … Tuttavia come lettori abbiamo le nostre
responsabilità e la nostra importanza.. I criteri da noi scaturiti, insieme ai
giudizi da noi espressi, si insinuano nell’aria fino a diventare parte
dell’atmosfera respirata dagli scrittori durante il loro lavoro … Se dietro
l’erratico mirino della stampa l’autore sentisse che c’è un altro tipo di
critica, l’opinione della gente che legge per puro amore della lettura,
lentamente e liberamente, …, non potrebbe forse
questo migliorare la qualità del suo lavoro?E se grazie a noi i libri
dovessero diventare più solidi, più ricchi e più vari, questo sarebbe un fine
ben degno di essere perseguito”.
Rita Di Mattia
Ebbene proprio questo desideravo fare, spostare l'attenzione dal libro al lettore. Lo scrittore è uno, i lettori sono molti di più e se l'arte tutta è una ricchezza culturale, ci si augura che a usufruirne siano in tanti. Il finale di Virginia Woolf che auspica una critica tanto più vasta, che non venga solo da critici fondamentalisti della letteratura, conferma l'opinione di tanti: un libro si apprezza per diverse ragioni, infatti pur non potendo considerare come assoluto il suo valore letterario, esso spesso risponde alle esigenze di lettura di una parte di pubblico, ai quali si deve comunque attenzione, in quanto, essendo lettore, sarà anche un critico comunque degno di essere ascoltato.
RispondiEliminaDiverso e magari da analizzare è la triste percentuale dei non lettori, ai quali non si può, di conseguenza, chiedere alcun parere!
Lella